lunedì

KRISTOS ANESTI-CRISTO è RISORTO


Ma come faccio a descrivere la Pasqua greca?Bisogna essere qui e sentirla, a toccare le icone con un bacio, avere il coraggio di mangiare la MAGEIRITZA, interiora d'agnello slavati per giorni e giorni, su una zuppa verde con la spezia più strana del mondo.Io ho inghiottito tutti questi sapori, con i miei genitori, così felici di me, con occhi spalancati hanno guardato tutte le cose che amo e che gli ho mostrato. Abbiamo preso la luce del Santo sepolcro, così la Pasqua greca, che trasporta una luce con una candela e la tramanda da candela a candela, da uomo a uomo per sfumare alla fine, in ogni porta di casa, una croce nera con il suo fuoco. E' una processione lunga e affollata, parlata, cantata festosamente che percorre la notte illuminata, dalla chiesa ortodossa ricolma di ori e di icone. Ma ciò che ti apre il cuore e te lo sconvolge per sempre è lo scambio della luce e delle parole: KRISTOS ANESTI-ALITHOS ANESTIS..Cristo è risorto- è la verità! Ed è l'unica verità che conosco, l'unica realtà che c'è è quella che vedo. Anche se per Albertino è" Risotto ai canestri" per Imola la Pasqua è il rombo della formula 1, rumore tedioso che ricordo dalla finestra di camera mia, che urla anche oggi, nonostante Pasqua anche cattolica, ed è un caso più unico che raro che quest'anno si festeggi lo stesso giorno! Proprio quest'anno della mia resurrezione ad Atene!Ma ci vuole un tempo di crisi, di passione e di dolore per rinascere e vedere tutta la vita come un miracolo. Qui stretto alla mia tavola c'è Andrea, venuto a trovarci dal suo passaggio a Santa Caterina del Sinai, dove ha passato un mese intero tra manoscritti, deserto, beduini, reliquie di Santa strofinati in un anello che mi ha regalato.Il giorno seguente a pranzo,sulle 3 di pomeriggio, la tavola è piena di ogni ben di Dio, non c'è spazio per le posate e i bicchieri:la zuppa di Gargamella che fuma, un intero agnello che per 8 ore ha rigirato alla brace, la tiropitachia (pasta filo con formaggio di capra)il kokoretszi(testicoli di agnello)la parte più agognata da Memos, tzatziki, va bene, i fritti di ogni tipo della nonna Marika,che mangia solo la testa e l'occhio dell'agnello perchè dice che fa tanto bene...Tripudio di dolci di ogni genere, lukumia (saponette alla verochina con zucchero a velo) kadaifi (miele con capelli)e il mitico Kalvà con le mandorle..E come dimenticare le uova colorate di rosso (tradizione che viene da un miracolo di Cristo a Maddalena)con cui si fa una specie di flik e flok e vince chi rompe il guscio dell'altro.Ho mangiato tutta questa festa con le mie mani ferite, da tutte le passioni inchiodate nel mio corpo, nei quadri non ancora inchiodati a un muro, fatti con le mani nude e senza setole di pennelli morbidi,sono ferita, ma guarita,ho fatto pace anche coi miei genitori,dopo tante pietre scagliate.Memos e Valentini ci hanno accolto in famiglia come figli e veri amici, non dimenticherò mai il significato di questa Pasqua, l'odore dell'incenso, dell'arrosto, delle mandorle pestate,delle candele bruciate,dell'anice nel mio bicchiere.
Dove ogni balcone e giardino ha un girarrosto con un agnello, i fuochi d'artificio sul mare, i petardi per le strade come a Napoli,la città deserta e fantasma nelle strade, affollata al Pireo per prendere l'ultima nave e festeggiare nella propria isola.C'è qualcosaltro ancora da poter trattenere e inghiottire? forse solo questo corpo fatto di carne che vivrà per sempre!

domenica

ΓH (Terra)



Quartiere Viktoria, dove abitano the real greeks. Dove abita il pittore, il cane randagio, e ci sono io randagia. Sporco, puzzolente, VROMIKO VROMIKO. La macchinetta delle fototessere è in bianco e nero, c'è la scuola di danza, ci sono le case coi bordelli con il lampione acceso se sono occupati. Ci sono anche i polacchi, le fontane spente, il traffico della sera, rosse e bianche le luci le scie.I taxi suonano, tariffe li chiamano, poi c'è un posticino dove mi hanno portato di cui mi sono innamorata; GH, terra, letto GHI, con la stufa a legna, le pareti da cui si stacca l'intonaco come un velo di carta velina, arancione rosa biancastra, di tanti tempi ed atmosfere.Non certo il localino alla moda che mi propinano gli imolesi, fighetti con i loro bar lounge e il minimal style..Qui si ritorna alla terra, all'odore delle cose, come lo stufato di Ghuruni dall'odore identico a quello di mia nonna, ma con la cannella e l'aneto in più. In quel momento mi ha scritto un messaggio Obles, nella pausa del sipario di primo tempo, e mi ha scritto che aveva ricevuto l'ouzo e i pistacchi che gli ho mandato tramite Gabri, quel giorno al mercato di odos Athinas, quel giorno felice.L'ultimo giorno prima di Pentecoste, e non c'era più la carne sui banchi, ma solo pesce, dall'odore di pesce.Così pensavo alla seconda campanella che forse stava per suonare e anche io dovevo tornare prima o poi, dietro le quinte dove non si vede il sole, tra un aperitivo, una tenda rossa, un camerino stantio e tutto quel mondo di attori e palcoscenico che vedevo ogni sera per sette sere a Imola. Non avevo maschere questa sera, era una grande magia alla De Filippo, anche se restavano con me, Obles, Fernando, Paolo e il sipario di Imola, il mio lavoro lì che era come un'attrice a prendere gli applausi, dietro le quinte della mia vita, diventare un'altra persona ogni sera, raccogliere i fiori recisi dal palco in discesa, tirare le corde della pausa, correre al guardaroba col il caos e il profumo delle signore bene ingioiellate, degli amanti e delle tresche nei camerini, nei corridoi bui, nel loggione, mio posto prediletto, dove si sente meglio tutto. Piccionaia della mia anima, li o qui dove mangio terra di un caffè, animali e carne con un anima.Ma come mi sento lontana dalla mia terra, come un fiore rinato sul cemento, estirpato da un giardino pubblico, seme che deve ancora nascere.E chi mi ha fatto nascere verrà a trovarmi per Pasqua, i miei parents dal loro viaggio di nozze qui e dove forse han concepito mio fratello, ritornano qui in Grecia dove la loro bimba è rinata come un'altra donna.Sono per questo nervosa come alla prima di uno spettacolo, perchè dovrò dimostrargli come sono cresciuta, che non sto solo girando a vuoto ma che sto studiando per diventare grande! Suona la terza campanella,bisogna affrettarsi, lo spettacolo ricomincia, spegnere la sigaretta, aprire le porte.Con questo sapore di spezie e di porte d'oriente me ne torno a casa, dalla macchina, con Miltos,le immagini sono sfocate, sfumate, e passano troppo in fretta per ricordarne i particolari, ricominciano solo le scie rosse e bianche.Le lettere grandi immense di cartelli pubblicitari, la forza dell'amore dall' Alfa all' Omega. Atene, ti consacro mia terra, mio amore.

sabato

UNA FACCIA UNA RAZZA


A Kolonaki a casa delle Brere per pizza handmade italiana, ma con palato greco a giudizio insindacabile di Mikalis e Miltos, + francesismi spiccatissimi per le nuove inquiline venute dalla champagne parigina, tra cui Marion...Finalmente una pizza come si deve, e ovviamente non è piaciuta ai greci, che avevano portato il Xalvà, POLI KAKOS MA DEN TON LEME! mentre Eva si era così prodigata con la pizza da forno elettrikos..poli poli wrea..Ed oltre a quello, sciccosissimo drink con l'amaretto di Saronno, 'cause she comes from there...troppo glikia la kopella...Quasi festa d'addio perchè partirà tra 2 settimane e io le ho anche lasciato un pacco da consegnare al prof di Brera, il mitico A. Cioffi, da Bologna a Brera con mio compianto cuore...E speriamo che accetti le mie finte icone del Benaki come dono di pace, dopo le mie mille lettere d'amore...ops...mai corrisposte...Però Antonino, quando ti ho incontrato alla stazione di Milano, per caso, dopo l'incontro ancora per caso alla stazione di Bologna in partenza per Klagenfurt..GAMOTO RE Antonakis, non vedi che il destino ci fa incontrare sempre e anche la Eva ha seguito il tuo corso e poi è venuta ad Atene ed ha conosciuto me!!! Tipota den einai per caso!!!!
A parte tragedia greca come sempre, l'italianità vince sempre su tutta la mia misera esistenza...Una faccia una razza? Boh, adesso leggo sta cosa bellissima:
Il tuo cristo è un ebreo
La tua macchina è giapponese
La tua pizza è italiana
La tua democrazia greca
Il tuo caffè brasiliano
La tua vacanza turca
I tuoi numeri arabi
Il tuo alfabeto latino
Solo il tuo vicino è uno straniero…

mercoledì

GITA FUORI PORTA


16 Marzo 2001
72 km fuori da Atene per gita al giuramento di Zimos, amico di Miltos, MIkalis. Con la onda civic di M. Noi 3 donne E. E. ed io dietro, e M-M davanti da uomini del Peloponneso. Abbiamo cantato Guccini all'andata, troppo stonate, poi canti popolari greci che sapevano tanto da patria mia..e in tema col Fantaros Zimos, siamo arrivati in ritardo e non abbiamo visto niente del giuramento..E' che quando siamo andati a prendere MIkalis a Petralona erano finite le sigarette, per spiegarci un quadro bellissimo, dove Eva era diventata una nera e Atene dietro era surreale come un quadro di Dalì.
L'attika l'avevamo perduta dal finestrino, dove altre immagini scorrevano, io con Guccini stavo pensando a Bologna, alla libreria Labirinthos dove avevo lasciato in ordine non so quanti libri dell'edizione Il Verri che avevo trovato per caso ma non avevo i soldi quel giorno per pagarli ed ora dovevano essere andati. Poi ripensavo alle pagine melodrammatiche del teatro di Imola, Otello e della via Emilia e il west. Eva era sempre più allegra e spensierata, Ma Elena invece un lato scuro lo teneva per se.Mammamia com'era serio sto Zimos, tutto tirato con la su divisa, che non era certo un gran figo lui, ma con sto abito..po po..(loro dicono cos')Ormai il modus grecus me lo rigiro tra le dita..Comunque, Zimos impettito e di poca confidenza a noi nuove filenades degli amici migliori.E neanche a tavola con arnaki sto fourno è scappato un sorriso al fantaros tenebroso.Mikalis era davanti a me ma quando parla lui in greco non si capisce un putsia (c....o)E per questo noi italiani non dobbiamo dire mai "che puzza" perchè la pronuncia è la stessa.
C'erano già le teste di agnelli appese per la Pasqua, come totem all'aria pungente di quella collina, di quel giorno lì, che aveva giurato alla bandiera greca fede e amore.
In un certo senso anch'io lo avevo fatto, anche Elena, anche Eva.

martedì

COME UNA SPUGNA (del mare)



MARZO
Non l'alcol che mi bevo, anche se è troppo veramente, ma tutto quello che sto assorbendo di questo viaggio, e continuo a chiamarlo viaggio perchè non ci si ferma mai.E' una metro nuova di pacca che va da Dafni a Kifissia, prende la linea verde fino al Pireo e ritorna indietro per Monastiraki, si ferma al tramonto a contare le ore con una torre di venti, si affaccia per vedere, toccare conoscere. Quanto mi piace respirare e guardare tutto! Chi ha guardato alcune di queste cose con me ha sentito i miei battiti, anche se sono sicura che col suo tram tram quotidiano li dimenticherà in una settimana. Ahhhhh..che male al cuore, cuore che non mi basta, a lasciare a tornare a trattenere 1 nell'acqua gelida di Kalamaki.Ma c'era tanto sole e gli aquiloni erano centinaia per il katherizeftera. Forse mi hai dato uno strattone per riportarmi giù dal cielo, ma forse non hai tirato abbastanza, la musica era sempre greca, non ti stupire, sarà così fino a notte fonda, il nostro frappè l'abbiamo mescolato e consumato, la sabbia l'abbiamo ancora addosso, come il sapore della nostra giovinezza che un giorno ripenseremo dolce. Ma adesso è più amara del caffè turco, con un fondo melmoso e scuro. Quando sei volato via, il cielo era rosa rosa rosa...forse hai letto la lettera che ti avevo lasciato, forse ne hai scritta una, ma io sapevo che sarebbe stato un vero addio. Alla nostra vita insieme e forse alla nostra giovinezza. Se tornerò a casa lascerò tutto qui come la scia di una nave. Pensare che a Imola nevicava davvero, alcuni hanno detto, perchè ti sei mosso.Il limone che hai colto dall'albero vicino casa aveva un profumo così forte...e svanirà così in fretta anche quello.

lunedì

SUL LIKABETTO E DAL MIO LAB



28 feb 01
Il ritorno da Santorini ha aperto nuove finestre, tanta luce, tanta tantissima,che mi illumina in ogni mio gesto e si protrae in ogni parte del mio corpo. A Eva piace andare a correre ogni mattina al Likavetto e io che non sono proprio di mano e "non ho le scarpe adatte"....( ) ci vado la sera a prendere l'aperitivo con l'altra lavativa e passionaria come me, Charlotte.Siamo stati al Prassini tenda.Ma quanto è tutto nelle nostre mani da quassù? Ancora meglio perchè non sei sull'Acropoli, ma vedi l'Acropoli.Un pò come quel tipo che odiava la torre Eiffel ma stava tutto il giorno sotto il bar della t. E...Un pò come al contrario! Me l'ha raccontato Charlotte e mi è piaciuta molto la storia. Abbiamo parlato anche della telefonata di qualcuno che vuole venire ad Atene e scrollarsi la nebbia e certi passati prossimi incombenti...Ma io mi sento un gabbiano intossicato dal Pireo, dallo smog e dalla foga di cacciare per saziarsi.Ma sempre un gabbiano,bianco e dalla voce stridula, veleggiante sulla luce e sul mare.Sulla luce, e si posa anche su queste case da cui non riesce mai a togliere gli occhi. Sta volando, mentre da una finestra si vedono 2 anziani ballare un liscio..Dal mio lab provo a ricordare tutte le idee viste passare, tutta l'intensità di cui è fatta una giornata che sembrava il mondo in una palla di plastica, e se la giravo scendeva la neve.

FACCE




Di facce ne ho viste tante qui in Grecia, ma alcune si fissano nella mia testa come acido sul negativo, le rincontro per la strada, periodicamente, con i loro segni del tempo e le loro follie. Girovaghiamo entrambi con la zavorra di una mongolfiera, volando bassi e a volte levitando con una ripresa a schioppo. Ma che dico? Uno di loro vive in mare e si fa il caffè con la moka, ma al posto dell'acqua mette il rakì. E il signore dai mustaki torna a casa sereno e soddisfatto dopo la morte che ha sul banco, macellata al mattatoio. E ogni giorno c'è la stessa melodia per chi suona quel carretto da Mitropolios a Sintagma.